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Favrio, alla ricerca del sole

Cosa si festeggia a Favrio ogni anno il 3 febbraio? Il ritorno del sole.

A Favrio, tranquillo paese alle pendici settentrionali del monte Misone, il sole non c’è per tre mesi all’anno. A novembre scompare, per farvi ritorno solo a febbraio.

Nei mesi invernali le montagne che lo circondano impediscono ai raggi del sole di arrivare al paese. Per la gente del posto è una cosa ormai normale, nessuno ci fa più caso. Ma il ritorno della luce del sole è sempre una grande festa. È la sagra del paese.

La sagra del paese dedicata al sole

Si celebra a San Biagio, il santo patrono di Favrio. A lui è dedicata la Chiesa dal campanile in pietra. Posta su una terrazza naturale che si affaccia sulla Val Lomasone, domina dall’alto tutto il paese. Da qui Favrio appare ancora più bello. Senti lo zampillare dell’acqua nelle fontane. Vedi lo scorrere lento della sua vita, legata ai tempi della natura e della tradizione. Apprezzi la cura e il rispetto che i suoi abitanti hanno per il loro piccolo angolo di quotidianità.

Favrio profuma di terra, profuma di vita contadina, quella che ritrovi nell’architettura delle vecchie case che, in estate, si colorano del rosso dei gerani.

La storia rivive nell'architettura delle case di Favrio

Le puoi ammirare girovagando senza meta tra intime stradine che fanno rivivere, a chiunque le percorra, sensazioni di pace e tranquillità. Sono case che riunivano, sotto lo stesso tetto, persone e animali le cui esistenze si intrecciavano. Composte da muri in pietra arricchiti da singolari strutture in legno, avevano i tetti di paglia. È proprio per questo che, ancora oggi, gli abitanti di qui vengono chiamati paiòl.

Quella paglia che spesso era preda di paurosi incendi. Come quelli che nel 1959 distrussero gran parte del paese. A prender fuoco fu prima el casot, la vecchia osteria adibita a deposito. Poi bruciò el cason, la grande casa dove abitavano cinque famiglie e nelle cui stalle c’erano decine di animali.

A ricordo di quei giorni, la gente di Favrio costruì il Capitello della Madonna, meta ancora oggi di preghiere e devozioni. Ricorda il grande incendio che divorò gran parte del paese. Era il 1959, quando i tetti delle case contadine erano ancora di paglia.

Tra le vie del paesel’architettura rurale del passato, ancora oggi, fa bella mostra di sé. Case grandi, con maestosi muri di pietra arricchiti da strutture in legno. Riunivano sotto lo stesso tetto persone ed animali. Al piano terra c’era la stalla. Ci convivevano vacche, capre, conigli, maiali, pecore. In inverno diventava caldo palcoscenico per il filò. La gente si ritrovava per filare, aggiustare attrezzi, riposarsi dalla fatica della giornata e stringersi nel calore della comunità, e di un buon bicchiere di vino.

Accanto alla stalla, c’erano i vòlt, le cantine per conservare al fresco le patate. Un piano sopra c’era la cucina, il cuore della casa. Spesso aveva le pareti ricoperte di fuliggine provocata dai fumi della stufa che uscivano da un’apertura del muro.

>Una rapa carrabile, chiamata pont, portava all’aia, all’era. Un ampio spazio rivestito da rastrelliere o essiccatoi. Ancora più su c’erano le ràlte e i ràltadei. Attrezzati con graticci per garantire la giusta illuminazione e areazione, servivano per l’essicazione e la conservazione del foraggio, dell’orzo, della segala e del frumento.

Spot per veri Instagram addicted

Da Favrio si ha una vista sulla Valle di Comano incredibile. Si possono scorgere le alte vette delle Dolomiti di Brenta e i paesi qua e là sparsi nella vallata vivacizzano il panorama. Qui uno scatto è d'obbligo se sei un appassionato di Instagram... ma anche se, semplicemente, ami le cose belle!

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